"Foschia"


Dalle mie parti, durante le sere d'autunno e d'inverno, non è insolito essere sorpresi dalla nebbia.
In quei giorni, sembra quasi che la foschia abbia un orario ben stabilito, una sorta di appuntamento programmato e imprescindibile.
Quando cala la sera, oppure di mattina presto, ecco che sempre una bruma fitta si solleva dalla terra, conferendo alla brughiera evanescenza, calma, mistero.
Tutto è immobile.
L'aria è muta, come intirizzita dal freddo, cristallizzata appena al di là del proprio cappotto.
Se ci si trova vicino al bosco, nel caso la nebbia non sia troppo fitta, è ancora possibile scorgere l'ombra sfocata di qualche scoiattolo, intento a correre verso qualche cantuccio al riparo dal gelo.
Se invece, come più spesso accade, la foschia si manifesta fitta e impenetrabile, ecco che le cime degli alberi divengono invisibili, mentre rami e tronchi sbiadiscono in lontananza, per poi comparire all'improvviso ad un palmo dal naso.
Sin da piccolo, mi è capitato di fendere la bruma del mattino per andare a scuola, la sciarpa attorno al collo e il berretto ben calcato in testa, camminando tra le sagome indifferenti della foresta e, più di una volta, mi è parso di udire delle voci intorno a me, come se qualcuno stesse bisbigliando dei segreti sottovoce.   
Crescendo, le voci sono divenute via via più chiare, sicché ho cominciato ad appassionarmi alle storie che raccontavano, ai miti e alle leggende della mia terra.
Vivo ancora qui, nella stessa casa nel bosco dei miei genitori, lo stesso posto in cui sono nato e ho trascorso quasi tutta la mia esistenza.
In paese vado di rado.
Per lo più, scrivo in solitudine, tranquillo e riservato, tramandando i racconti legati a questi luoghi, ma a tempi lontani.
Mi faccio consegnare ciò che mi serve dal commesso di una drogheria, e queste sono le uniche chiacchiere che scambio con qualcuno durante la settimana.
Quasi sempre, ascolto.



#RoadtoHalloween
 

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