"Maschere"


Nella Venezia del medioevo, durante le pestilenze, i medici erano soliti coprire il proprio volto. La loro maschera, assai riconoscibile, era stata concepita per avere due aperture per gli occhi, coperte da lenti di vetro, due buchi per il naso e un grande, adunco becco ricurvo, all'interno del quale erano collocate sostanze profumate (fiori secchi, lavanda, timo, foglie di menta, chiodi di garofano, aglio e, quasi sempre, spugne imbevute di aceto).
Tale accessorio, definito per l'appunto "maschera dello speziale" veniva indossata per un duplice scopo: innanzitutto, esso consentiva ai medici di sopportare i miasmi nauseabondi emanati dai corpi degli appestati e dei cadaveri e, in secondo luogo, serviva a preservare debolmente dal contagio per inalazione.
L'idea di un abito completo, che proteggesse il guaritore dalla testa ai piedi, viene oggi attribuita a Charles de Lorme, medico di Luigi XIII, nonché uomo di estrema sapienza.
La lugubre divisa era costituita da una tonaca, lunga fino alle caviglie, un paio di guanti, un paio di scarpe e un cappello a tesa larga, il tutto in rigorosissima tela cerata nera.
Sul volto, l'immancabile maschera a forma di becco, che agiva da filtro.
Con tale aspetto i medici comparivano dinnanzi ai pazienti, e non passò molto tempo perché tale immagine venisse associata all'idea stessa della morte.
Quando il becco aquilino e imbottito di antidoti varcava la soglia del sofferente, fendendo senza timore l'aria insalubre, ecco che l'atmosfera della casa diventava a un tratto greve, gravosa, malsana.
Ben poco era il conforto ottenuto dall'intervento del medico paragonato alla paura della sua presenza, che annunciava malattia, piuttosto che guarigione.
Non di rado, infatti, capitava che la visita del taumaturgo si tramutasse in lutto, e che questi fosse costretto a caricarsi i morti sulle proprie spalle, prima di partire alla volta della periferia della città, col suo carico di vite non salvate.
Una volta lì, il dottore si incontrava coi colleghi in un luogo appartato, lontano dagli altri abitanti di Venezia.
Insieme, le nere figure depositavano l'una sull'altra le carcasse dei defunti, creando vere e proprie piramidi di membra umane.
Poi, poco dopo mezzanotte, prima di bruciare le ossa e gli altri resti dei caduti, i Lunghi Becchi si liberavano delle maschere, svelando il proprio aspetto mortifero e nefasto, non dissimile da un avvoltoio.
Infine, banchettavano copiosamente.


#RoadtoHalloween

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