"Sottoterra"
L’enormità della mia stoltezza mi fu chiara del tutto in un unico istante, quasi che tale sensazione avesse atteso a lungo, prima di palesarsi, il momento più opportuno.
Da tempo ero consapevole dell’animo meschino dei miei colleghi ricercatori, e sapevo bene quanto fosse profonda la loro invidia nei miei confronti, ma non avrei mai immaginato si potessero spingere sino a tanto.
Sin dalla mia promozione, i miei “stimati collaboratori” avevano cominciato a nutrire dei seri dubbi sulle mie capacità, ritenendo che l’incarico da me ricoperto fosse dovuto esclusivamente alle attenzioni carnali nei miei confronti da parte della direttrice del progetto.
Ovviamente, si tratta di mere calunnie.
Purtroppo la verità è difficile da dimostrare, e ben presto le malelingue decisero di far terra bruciata intorno a me, lasciandomi solo tra le schiere dei nemici.
La situazione era critica, la tensione alle stelle, e il fatto di non sapere con certezza per quale dannato motivo stessimo trivellando così in profondità rendeva tutti estremamente nervosi.
Benché tentassi in ogni modo di ristabilire qualche rapporto, mi ritrovai più volte a parlare, mio malgrado, alla schiena dei miei interlocutori, e ad affrontare un profondo senso di offesa e di amarezza.
Tutto questo, sino alle estreme conseguenze.
Non so chi sia stato a spingermi.
Potrebbe essere stato Patterson, con quel suo modo di fare rancoroso e colmo di silenzi, o forse Gary, un tipo oltremodo mellifluo.
Ciò che so è che, nell’unica occasione in cui mi sporsi sul baratro, due mani vigorose ne approfittarono per scagliarmi con forza oltre il bordo, senza esitazioni.
Cercai invano un appiglio, e per un momento la mia mano sfiorò una roccia vicina, ma mancai la presa.
Iniziai a cadere inesorabilmente, sempre più rapido.
La voragine, che fino a pochi istanti prima avevo sovrastato, piombò su di me, circondandomi lesta in un’oscurità perenne e indissolubile.
Presi a gridare con tutto il fiato che avevo in gola, ma il vento che sferzava il mio viso trasportò in alto le mie urla, smorzandole ampiamente.
Pochi secondi dopo, quando la certezza della morte mi ebbe sopraffatto, persi conoscenza.
Rinvenni dall’oblio qualche momento dopo, ma avrebbe potuto benissimo essere passato un secolo.
Cercai di trovare qualche punto di riferimento, ma il buio non aveva clemenza.
Mossi un braccio, e lo spostamento d’aria risultante fece sì che cominciassi a roteare su me stesso, vorticosamente.
Dopo diversi sforzi, riuscii a stabilizzare la mia posizione, e a rimettermi a cadere sulla pancia.
Le lacrime riempirono i miei occhi per un secondo, per poi piovere solitarie verso l’alto e disperdersi invisibili.
Ebbi la certezza della fine, e rividi la mia vita nella sua interezza, con tutte le gioie e i momenti più bui, pentendomi di tutto.
Avrei dato qualunque cosa per un bagliore di conforto.
A un certo punto, compresi che la mia corsa verso il suolo era piuttosto restia a concludersi e mi sembrò che le circostanze della mia dipartita si stessero dilungando ben più del necessario.
Feci dunque pace con me stesso, e mi limitai ad attendere l’inevitabile.
Poiché la fine continuava a tardare, iniziai a riflettere sulle modalità con cui questa sarebbe avvenuta.
Mi sarei sfracellato una volta toccato il fondo? O prima avrei battuto un lato della testa lungo la parete del burrine, perdendo conoscenza una volta per tutte? Sarebbe stato doloroso?
Dopo più di un’ora l’opzione di una morte legata alla noia cominciò a farsi strada nella mia mente e a sembrare sempre più probabile, sicché mi risolsi a girarmi sulla schiena, nel tentativo di scorgere la sommità di quell’immensa buca.
Solo le tenebre. Ero ormai troppo lontano da qualsiasi luce.
Riuscii con fatica a voltarmi di nuovo, sperando di scorgere la fine di quel viaggio assurdo ma, anche stavolta, non ebbi fortuna.
Iniziai a riflettere sui perché e i percome di quella allucinante discesa ma non compresi appieno la portata dell’evento.
Finalmente, dopo quella che parve un’eternità, avvertii un cambiamento sostanziale.
La mia corsa prese a rallentare progressivamente, lo capii dal vento che soffiava sul mio viso, fino ad arrestarsi del tutto.
Per una frazione di secondo, rimasi sospeso a mezz’aria, in un limbo, come se il mio corpo fosse indeciso su quale direzione prendere, poi scelse prepotentemente di sbalzarmi in direzione opposta a quella precedente.
Il sopra divenne sotto e il sotto divenne sopra, mentre un’agghiacciante consapevolezza si congelò nel mio cervello, paralizzando qualunque pensiero.
L’inversione di marcia di un attimo prima era senz’altro dovuto alla gravità, al centro del pianeta che mi riattraeva a sé, dopo un breve sorpasso.
Non avrei mai toccato il fondo.
Perché non c’era.
#RoadtoHalloween
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