"Fuochi Fatui"


E' oggigiorno indubbio come la Chimica, la Biologia e in generale tutte le branche della Nuova Scienza abbiano consentito di evolvere il nostro soporoso intelletto ben al di là di quanto fosse anche solo immaginabile, secoli or sono. 
I progressi ottenuti in tali campi sono senz'altro strabilianti, ben accetti e degni di lode, ma neppure il più arrogante degli scienziati si sognerà mai di definire conclusi gli studi sullo scibile, riconoscendo, anzi, come ogni risposta catturata faticosamente dall'ingegno umano generi a sua volta una cascata di domande. 
Come investigatore del mondo e indagatore dell'occulto, pochi misteri hanno suscitato la mia curiosità quanto i fuochi fatui, fenomeno naturale certamente sconosciuto ai più.
Si tratta di fiammelle bluastre, dall'aspetto evanescente e tetro, che spesso si manifestano a livello del terreno in particolari luoghi come cimiteri, paludi e stagni nelle brughiere. Il periodo migliore per osservarli parrebbe essere nelle calde sere d'agosto, quando l'aria è ferma e persino il frinire dei grilli sembra scemare intimorito dal silenzio tombale.
Tali fuochi sono spesso solitari e schivi ma, rare volte, compaiono a gruppi numerosi, quasi si trattasse di un conclave di spiriti che sussurrano segreti nella notte.
I chimici sostengono si tratti di fenomeni derivati dalla combustione del metano e del fosfano, avvenuta a seguito della decomposizione di resti organici, la quale provocherebbe un'improvvisa quanto breve luminescenza, destinata a svanire in pochi istanti senza alcun clamore.
Personalmente, non sono d'accordo.
E' giunto in mio possesso infatti, attraverso contrattazioni, minacce e una buona dose di fortuna, un antico manoscritto proveniente da un ordine di monaci guerrieri, estintosi ormai da più di mille anni.
Costoro, forse più vicini di altri alle verità del mondo, ritenevano che i fuochi fatui fossero la naturale dimostrazione dell'esistenza dell'anima e che seguendoli un uomo smarrito potesse ritrovare la via di casa e, forse, il proprio destino. 
Tali monaci marchiavano a fuoco i propri polsi col simbolo di una fiamma e vegliavano a lungo i luoghi di sepoltura, ligi al proprio dovere nonostante le possibili intemperie. 
Non appena scorta una fulgida fiammella, gli adepti la scortavano con reverenza, proteggendola con ardore da possibili aggressioni da parte di entità maligne.
Il manoscritto tramanda inoltre la leggenda di Keroth'ul, un guerriero straordinario che combatté per sette giorni e sette notti per proteggere un gruppo di fuochi fatui dall'attacco di un ferocissimo demone, identificato vagamente come "Il Nemico".
Dopo la battaglia, Keroth'ul sarebbe crollato al suolo, vittorioso ma in fin di vita.
Gli spiriti, adesso salvi grazie alla sua impresa, l'avrebbero quindi avvolto in un caldo abbraccio, infondendo nell'eroe nuova forza e riportandolo alla vita.
Quand'ero giovane, non avrei mai creduto a una simile storiella, e probabilmente l'avrei relegata senza indugio nel regno dell'assurdo, alla stregua di un'ingenua favoletta, utile soltanto a spaventare i bambini.
Ma ho visto coi miei occhi il polso dell'uomo che stasera ha bussato alla mia porta, mi ha consegnato il manoscritto ed è svanito nell'oscurità.
Adesso che la notte è fonda, l'aria immobile e neanche il più flebile suono giunge alle mie orecchie protese verso il buio, sono più che certo che i suoi occhi somigliassero a due braci bluastre, ardenti e minacciose.
E quindi, lo confesso, non riesco a smettere di tremare.

#RoadtoHalloween

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