"Oceano"


Adam camminava da solo per le strade polverose della metropoli, ormai abbandonata.
I grandi edifici fatiscenti si reggevano in piedi a stento, e non era insolito, di tanto in tanto, udire in lontananza il solitario eco di qualche crollo.
Il ragazzo non conosceva quei luoghi assurdi, quei vicoli tortuosi percorsi da liberi venti e palle di spine. 
L'interno del bunker non offriva un simile panorama, e di certo il calore ristagnante sull'asfalto delle strade era ben diverso dal fresco sotterraneo cui era abituato.
Non era mai salito in superficie fino a quel momento ma, adesso che era rimasto solo al mondo, era necessario provvedere a se stessi.
Ogni cosa era aliena per lui.
Ovunque, Adam riusciva a scorgere dettagli di vite passate, oggetti senza scopo, tasselli perduti di puzzle dispersi dal tempo.
Alla vista del cielo, la mente del ragazzo aveva vacillato, e ci era voluto più di un quarto d'ora affinché Adam trovasse finalmente il coraggio di staccarsi dal muro.
Eppure, anche adesso, la sensazione di pericolo non lo aveva abbandonato del tutto e a volte era costretto a fermarsi cercando un appiglio, certo com'era che avrebbe cominciato a cadere per sempre verso l'alto, proiettato nella vastità di quello spazio aperto, azzurro e senza fine.
Ma la cosa più strana era senz'altro quella luce calda, affettuosa e accesa, tanto diversa dalle lampade artificiali della sua casa da sembrare un'aberrazione.
Continuò a errare, vagabondando per un po', e riuscì persino a sfamarsi grazie a qualche albero da frutto incontrato lungo la via, adoperando con saggezza le nozioni ereditate dalle fiabe del padre.
Ma il calore era insopportabile.
Lo scenario attorno a lui mutò piano, cautamente, come per dargli il tempo, con ogni passo, di affrontare più prontamente la novità che lo attendeva.
Adam rimase sconvolto comunque.
Ebbe un tuffo al cuore, poi la sorpresa gli mozzò il respiro e in un attimo una pura emozione lo pervase, travolgendolo.
Riprese a camminare, dapprima incerto, poi sempre più rapido e, senza neanche accorgersene accelerò ancora.
Durante la corsa, abbandonò lo zaino, si tolse scarpe, giacca e vestiti e spalancò le braccia per accogliere l'immensità di fronte a sé.
Infine, quando giunse sulla riva, si tuffò, arricchendo con la commozione le gocce dell'oceano.

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