Tra le nuvole


"Hai la testa tra le nuvole!" è un'espressione piuttosto comune, nel linguaggio odierno.
Il modo di dire è assai conosciuto e viene usato abitualmente per descrivere l'essere svagati, distratti, fuori della realtà quotidiana, come presi da tutt'altri pensieri. 
La frase è piuttosto diffusa e comune anche presso altre lingue europee. Per i francesi, essere con la "tête en l’air" rappresenta un'espressione simpatica e canzonatoria, associabile magari a qualche poeta spensierato e giramondo. 
Meno allegra l'interpretazione rumena “a fi cu capul in nori” e ancor più grave, quasi di rimprovero, la “mieć głowę w chmurach”, in polacco. 
A parte l’immagine della distanza delle nuvole, il detto può alludere anche alla commedia di Aristofane "Le nuvole", nella quale Socrate, il grande filosofo e pensatore, viene presentato mentre medita in un cesto, issato a una certa altezza da terra.
Abbastanza curioso che i tedeschi parlino invece di uccellini, con la frase “im Wolkenkuckucksheim leben“, che tradotta reciterebbe, più o meno: "vivere nella terra del Cucù".
Quest'ultima, che potrebbe sembrare nulla più che una licenza germanica, non dissimile da parecchie altre libertà tipiche di questa lingua, origina in realtà da un passato remoto.
Tanto tempo fa, infatti, nel sud del paese, in una terra chiamata Kuckuck esisteva un villaggio piuttosto singolare.
Gli abitanti di quel luogo erano simili per proporzioni e altezza a quelli dei villaggi circostanti e vestivano in maniera analoga. Tutto sommato, da lontano, sarebbero potuti essere scambiati per individui un po' pallidi, ma abbastanza ordinari.
Avvicinandosi, però ci si sarebbe resi conto dell'unicità di quelle persone, non prima di aver dubitato seriamente delle proprie facoltà mentali. 
Un viaggiatore casuale avrebbe certamente notato, infatti, con apprensione e crescente paura, un'inspiegabile assenza di corporeità e di compattezza negli abitanti del luogo, i quali dal collo in su non mostravano altro che una sorta di grumo nebuloso al posto del capo. 
Gli abitanti si sarebbero voltati verso di lui e lo avrebbero salutato con un cenno della mano, cordialmente, ma nessun volto sarebbe apparso su quella nebbia biancastra, e nessuno sguardo avrebbe potuto essere ricambiato.
Inoltre, la scena sarebbe apparsa ancora più irreale al viaggiatore che, se abbastanza coraggioso, si sarebbe ritrovato a camminare tra queste bizzarre creature in un silenzio glaciale, impossibile da rompere. 
Non tutti quegli esseri lo avrebbero scorto. 
La maggior parte di loro avrebbe proseguito nelle proprie faccende, o sarebbe rimasto a guardare senza occhi un cielo terso, a camminare scanzonatamente da un punto a un altro, senza un perché.
Il malcapitato non avrebbe ricevuto alcun male, a parte uno spavento sicuro, e sarebbe uscito da quella situazione estremamente scosso ma illeso.
Coloro che capitavano da quelle parti reagivano poi nei modi più disparati: c'era chi era convinto di avere sognato, chi era certo di essere impazzito e chi si ritrovava di tanto in tanto a scrutare l'orizzonte verso Kuckuck, ancora incredulo, e con una luce negli occhi del tutto diversa da quando vi era giunto per la prima volta.
La situazione di mutua noncuranza andò avanti per secoli, finché un giorno l'amarezza e el difficoltà della vita non gravarono sul cuore dei popoli dei regni vicini.
Paura e dicerie si diffusero rapide come frecce e in men che non si dica i locali accesero fiaccole e affilarono forconi, pronti alla guerra contro quelle creature così diverse.
I Kuckuckiani, non ebbero il tempo né la voglia di reagire.
Furono trapassati dalle lame e bruciati dalle torce dei loro nemici e non fecero una piega.
Uno a uno caddero al suolo, continuando a fare quello che stavano facendo fino a un attimo prima, qualunque cosa fosse. Anche il modo in cui caddero a terra pareva innaturale: con un suono che rassomigliava a un morbido adagiarsi, piuttosto che al tonfo dell'accasciarsi di un cadavere.
Il massacro durò appena poche ore e subito i vicini di Kuckuck si pentirono di ciò che avevano fatto, chiedendosi se fosse stato davvero necessario.
Alcuni non riuscirono a chiudere occhio per il rimorso per settimane, e giurarono di aver avvistato spettrali figure al limitare del bosco, con volti privi di lineamenti che li giudicavano in silenzio.
Ma era solo il senso di colpa, li rassicurarono i compaesani.
Ancora oggi, comunque, l'espressione rimane e viene usata con parsimonia in quelle regioni, con un lieve timore di una prossima, meritata vendetta.
"Vivi nella terra del Cucù?"



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