Città Sospesa


La Città Sospesa non si era sempre chiamata così.
Una volta, era nota semplicemente come Città sul Fiume, ma non erano rimasti in molti a ricordare quel dettaglio.
Vi era stato un tempo di prosperità e di meraviglie, di scambi commerciali coi più splendidi paesi d'Oriente, di ricchezze e agi senza fine.
I forestieri erano sovente abbagliati dal lusso dei palazzi nobiliari della città, dal via vai di gente che affollava le locande, dal tripudio di colori sgargianti delle stoffe preziose e dai profumi afrodisiaci, che inondavano i vicoli del rinomato mercato.
Lo scorrere lento del fiume prolungava le giornate d'estate, scandendo le ore senza fretta, consentendo agli abitanti del luogo di gustare ogni attimo sulle sue sponde, mentre ponti di pietra consentivano di valicare agevolmente il corso d'acqua, transitando verso i quartieri più bassi.
Lussuose stoffe venivano barattate con gioielli preziosi tra le strade e l'opulenza era il tratto caratteristico che distingueva i grassi mercanti dai comuni cicisbei. Ovunque si sentivano musica, canti e sguaiate risate, mentre un vino più dolce di qualunque nettare veniva versato copiosamente nei calici delle taverne, appagando i desideri degli astanti.
Giovani donne si concedevano ai passanti lussuriosi, e non vi era giorno durante il quale l'orgia di piacere non sciamasse di casa in casa, migrando senza sosta per poi ricominciare ancora, più voluttuosa e irrefrenabile del dì precedente.
Sembrava che il sole non sarebbe mai tramontato sulla Città sul Fiume, e che questa sarebbe sopravvissuta a tutte le ere della Terra, crogiolandosi nei piaceri che essa stessa promuoveva e generava.
Poi, era arrivata la pioggia. 
Dapprima leggera e sottile, poi via via sempre più rapida e sferzante, votata a martoriare senza sosta lo spirito di bagordi  degli abitanti.
Aveva piovuto per giorni e giorni, per mesi addirittura; il fiume si era gonfiato e aveva straripato sui bassifondi, trascinando via con sé le case e i cittadini più sfortunati, mutilando le infrastrutture alla bell'è meglio, senza un taglio preciso.
Infine, le acque si erano quietate su un mondo nuovo.
Le persone erano uscite dalle loro abitazioni e avevano constatato i danni. Poco era rimasto delle antiche mura. Le strade erano inservibili e i ponti mozzati, mentre tutt'intorno la città si era raccolta un'immane distesa liquida: uno sconfinato mare in tutte le direzioni, sino all'orizzonte.
Dei quartieri a valle non restava più nulla e l'ultimo baluardo di quella che era stata la Città sul Fiume persisteva incerto, abbarbicato su una singola rocca  circondata da quel nuovo oceano senza fine.
Invano gli abitanti avevano atteso che le acque si ritirassero e, quando le risorse di cibo avevano preso a scarseggiare, i più coraggiosi e disperati avevano intrecciato funi lunghissime, fatte con qualunque materiale a disposizione, e si erano calati con cautela sino al mare, all'interno di imbarcazioni di fortuna.
Gli esploratori avevano cercato senza fortuna altre spiagge ove approdare, ma dopo molti giorni di navigazione si erano visti costretti a ritornare alla Città, boccheggianti e quasi morti dalla sete.
Ad oggi, non resta più nulla del lusso sfrenato e dei fasti di un tempo.
Ciascun cittadino è meschino a modo suo e vive alla giornata. Le antiche orge sono ormai scomparse dalla memoria collettiva, e se ci si congiunge lo  si fa di rado, soltanto per disperazione o in cerca di conforto.
Gli antichi canti e la musica allegra hanno lasciato le strade, che ora sono infestate da fantasmi, sparuti e silenziosi, e che mai riderebbero festosamente.
Di altre città, sfuggite all'alluvione, non si ha notizia.

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