La Storia Infinita


Nuovo appuntamento con la rubrica dei "Sogni Improbabili"!
Quest'oggi, ci addentriamo in un mondo onirico vivido e potente, forte di mille ricordi di infanzia intrinsecamente legati ad un unico, splendido film: "La Storia Infinita".

Atreiu!!
  
In questo ennesimo parto della mia mente strampalata, sognavo di vivere una vita modesta, in un appartamento piccolo, ma confortevole. L'ambiente, palesemente da scapolo incallito, lasciava trapelare il buon gusto del proprietario (modestamente), eccezion fatta per una INCALCOLABILE quantità di divani, poltrone e cuscini. 
Dovevo abitare in quella casa già da diverso tempo, perché avvertivo un estremo senso di familiarità e di calore.
Ad ogni modo, una mattina come le altre, dopo aver sorseggiato un caffè e letto il giornale (due avvenimenti assolutamente distinti e separati nella vita reale, per quanto mi riguarda) restai folgorato da un'apparizione improvvisa.
Nel bel mezzo del mio salotto, proprio sul tappeto tra una poltrona e l'altra, si trovava Falcor, il fortunadrago de "La Storia Infinita".
 La creatura, del tutto identica, nei peli e nell'aspetto a quella del famoso film, era però di dimensioni ridotte rispetto a quest'ultima... A misura di soggiorno, per così dire.
Superato lo spavento iniziale e affrontata la scontata sorpresa dovuta al nostro primo dialogo, cercai in tutti i modi di liberarmi di quell'essere. 
Lo gettai dalla finestra, ma quello prese a fluttuare al di là del davanzale, ridacchiando soddisfatto.
Provai a sbatterlo fuori casa, ma quello attraversò senza esitare i muri della mia abitazione, come fosse un fantasma, prendendomi sonoramente in giro per i miei tentativi di inchiodare la porta di ingresso.
Disperato, mi accinsi allora a uscire fuori casa, sperando di seminarlo, temendo, al contempo, la reazione di amici e vicini di fronte a uno spettacolo tanto insolito quanto quello di un tranquillo ventenne seguito a vista da un drago svolazzante.
Fu allora che mi accorsi, con stupore, di come nessuno dei passanti facesse alcun caso all'enorme figura pelosa che volava dietro di me.
Riprendendo a ridacchiare, Falcor prese a spiegarmi di come egli fosse, in realtà, il mio amico immaginario.
Si era dileguato anni prima, quando avevo smesso di credere in lui, ma adesso era finalmente ritornato perché aveva percepito quanto io avessi bisogno di lui.
<<Non è necessario che tu creda in me - disse sorridendo - Un amico resta un amico, anche se non credi più in lui. Basta che tu riprenda a credere in te stesso>>.
Sulle prime, non mi fu facile accettare questa spiegazione di punto in bianco.
Non sopportavo la presenza di Falcor, tutta risate, abbracci e simpatia, e mi risultava più facile ignorarlo, piuttosto che ammettere a me stesso la sua presenza.
Poco a poco, però, mi affezionai sempre di più a quel tenero mucchio di pelo.
Presi a giocare con lui, a chiedere isuoi consigli, a restare sveglio la notte per poter parlare con lui, che fluttuava sopra il mio letto con serenità, guardandomi negli occhi....
E poi mi disse di dovere andare.
Non riuscivo a comprendere il motivo, né lui me lo disse, ma riuscivo a leggere, nella sua espressione, la stessa angoscia che provavo io, all'idea di dover perdere un amico tanto prezioso.
Dopo una notte insonne, passata a rigirarmi senza sosta nel letto, decisi di dover fare qualcosa. 
Mi sarei diretto alla dimora di Falcor (l'appartamento accanto al mio), un luogo fino a quel momento a me sconosciuto, e avrei fatto appello a tutte le mie risorse per convincerlo a restare.
Girai lentamente la maniglia della porta del suo rifugio, incerto su cosa aspettarmi.
Una piccola anticamera stava al di là della soglia, completamente vuota, eccezion fatta per una seconda porta, proprio di fronte a me.
Aprii anche questa, stavolta senza indugio mi ritrovai su di una enorme, gigantesca costa dai tratti norvegesi.

Il drago era lì, con gli occhiali da sole e circondato da ragazze in bikini (ovviamente).
Una parte di me, con la stessa, ovvia certezza che soltanto i momenti di lucidità onirici possono garantire, capì a quel punto che quel luogo (la spiaggia) altro non era se non la manifestazione fisica del cuore e dell'essenza del drago stesso (???). 
Per quanti tentativi facessi, il drago restava inamovibile, fermo nella propria decisione di allontanarsi da me... 
Tornai a casa, sconsolato, e il giorno dopo mi apprestai a ritentare, con ancora più convinzione.
Questa volta, però, il drago era solo.
Aveva un volto spossato e stanco, lontano dalla cordialità e dalla spensieratezza con cui l'avevo conosciuto.
La bocca era semiaperta, incapace di articolare alcun suono coerente... Le sue forze, completamente scomparse.
Tra le lacrime, lo abbracciai con forza, ed ebbi modo di dirgli quanto la sua amicizia contasse per me e quanto io gli volessi bene, quanto lui fosse una creatura meravigliosa e quanto mi sarei impegnato, da quel momento in avanti, per perseguire i miei sogni.
Fino in fondo.
Fatto questo, la costa e tutto quanto intorno a me presero a dissolversi lentamente, quasi fossero un miraggio di vapore.
Il mio corpo proiettato sempre più lontano, nel tempo e nello spazio, esitò in un breve gemito, tra il disperato e il sorpreso.
Tutto scorse via, lontano da me, finchè non mi ritrovai nel mio appartamento, al di là delle porte gemelle che mi avevano condotto al regno di Falcor.
La soglia, colpita da una folata di vento, si chiuse di scatto. oticon grin

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